Durante una conversazione con il dott. Ezio Aceti,
psicologo, si è parlato dell'educazione dei figli nei primi anni di
vita.
Secondo il dott. Aceti, la cosa più importante da
tenere presente quando si affronta il tema della comunicazione con il
bambino, è quello di avere una comunicazione empatica. In una
comunicazione empatica l'interlocutore si astiene dall'analizzare e
dal fornire direttive e rinuncia a giudicare positivi o negativi i
comportamenti dell'altro: in una comunicazione empatica l'uno crea in
sé il vuoto, per ascoltare l'altro incondizionatamente e senza
gabbie. Una volta raggiunto questo obiettivo tutto è fatto! Ma come
si fa ad avere una comunicazione empatica con il bambino? C'è una
cosa molto semplice da cui è impossibile prescindere per aggiungere
questo obiettivo: bisogna ascoltare, saper ascoltare. Ascoltare è
una delle cose più difficili, perché si potrebbe stare in silenzio
tutta la sera con una persona, con un bambino, ma non ascoltare nulla
perché impegnati con il pensiero a divagare, a pensare ad altro
senza essere lì presenti, concentrati su chi parla. Per ascoltare è
necessario essere nel momento presente disponibili per l'altro.
Un altro tema che Aceti affronta è la tematica che affronta l'avere "dentro" il bambino da parte dei genitori: per poter dire "ti voglio davvero bene" al bambino, i genitori devono poter dire di conoscerlo, ma non una conoscenza qualunque, ma una profonda, intima, sapere come egli è, come funziona, chi è. Per poter avere questa conoscenza è utile dividere la personalità del bambino in tre parti e cercare di analizzare come queste si sviluppano nei primi anni di vita: l'intelligenza, l'affettività e la socialità. Queste tre "parti" del bambino vanno esaminate distinguendo i periodi del suo sviluppo: nei primi 2 anni di vita, durante la scuola materna e poi alla scuola elementare, fino ad arrivare cioè alle soglie dell'adolescenza. Quando i genitori parlano dei comportamenti dei bambini fino ai 5-6 anni generalmente commettono un errore comune: proiettare sui comportamenti del bambino bisogni e necessità di loro stessi. Una tipica frase pronunciata dalla mamma potrebbe essere: "Il mio bambino ha fatto questo ma in realtà voleva dire quest'altro". Per conoscere un bambino fino ai 5-6 anni è necessario considerarlo come un "pianeta sconosciuto". Il bambino non è un piccolo adulto!! La conoscenza quindi passa attraverso una necessaria considerazione del bambino come un qualcosa di sconosciuto e che non risponde ai canoni adulti del comportamento.
Un altro tema che Aceti affronta è la tematica che affronta l'avere "dentro" il bambino da parte dei genitori: per poter dire "ti voglio davvero bene" al bambino, i genitori devono poter dire di conoscerlo, ma non una conoscenza qualunque, ma una profonda, intima, sapere come egli è, come funziona, chi è. Per poter avere questa conoscenza è utile dividere la personalità del bambino in tre parti e cercare di analizzare come queste si sviluppano nei primi anni di vita: l'intelligenza, l'affettività e la socialità. Queste tre "parti" del bambino vanno esaminate distinguendo i periodi del suo sviluppo: nei primi 2 anni di vita, durante la scuola materna e poi alla scuola elementare, fino ad arrivare cioè alle soglie dell'adolescenza. Quando i genitori parlano dei comportamenti dei bambini fino ai 5-6 anni generalmente commettono un errore comune: proiettare sui comportamenti del bambino bisogni e necessità di loro stessi. Una tipica frase pronunciata dalla mamma potrebbe essere: "Il mio bambino ha fatto questo ma in realtà voleva dire quest'altro". Per conoscere un bambino fino ai 5-6 anni è necessario considerarlo come un "pianeta sconosciuto". Il bambino non è un piccolo adulto!! La conoscenza quindi passa attraverso una necessaria considerazione del bambino come un qualcosa di sconosciuto e che non risponde ai canoni adulti del comportamento.
La socialità del bambino fino ai 2 anni.
Aceti affronta l'aspetto della socialità del
bambino fino ai 2 anni iniziando dai primordi della sua vita, quando
era feto. Il feto durante il suo sviluppo nel grembo della mamma non
vive alcuna e non sviluppa alcuna socialità, in questo periodo
iniziale della sua vita il feto vive della stessa vita della mamma.
Poi l'esperienza del parto e della nascita segnano un momento
fondamentale quando due grandi dolori si presentano nella sua
esistenza e nella vita della mamma: il dolore cosciente delle doglie
per la mamma e il dolore inconscio del bambino, non percepito. Per il
bambino il dolore che prova è coinvolgente, il bambino lo sente in
modo molto forte. Appena nato il bambino piange e ciò potrebbe
essere dovuto, come riportato da numerosi testi scientifici, da due
cause: una prima potrebbe essere l'aria che entra nei polmoni per la
prima volta e che provocherebbe un forte bruciore e la seconda lo
schiacciamento della testa durante il parto che procurerebbe un forte
dolore a livello tempiale. Dopo il parto e fino al secondo mese di
vita il bambino crede di essere ancora tutt'uno con la madre, con il
suo seno che gli dà il nutrimento. Attorno al secondo mese il
bambino fa una scoperta straordinaria: la prima tappa sociale del suo
sviluppo, scopre che lui è una cosa e il seno della madre è
un'altra cosa...
Riportando qualche spunto che il dott. Aceti
presenta nel suo tema "l'educazione dei figli nei primi anni di
vita" vogliamo dare degli input che voi, genitori, potete fare
propri ed approfondirli per conoscere ed affrontare i temi
strettamente legati al primo sviluppo del bambino e per riuscire, con
responsabilità e cognizione di causa, aiutarlo in un sano sviluppo
caratteriale e umano.
Questa prima parte dell'intervento di Aceti è
disponibile in questo video: