Informazioni personali

La mia foto
AZUR è presente e attiva sul mercato da più di 35 anni. Situata tra le verdi vallate del Chianti, è una tra le maggiori aziende in Italia nel campo degli arredi per la Prima Infanzia. Realizzare cose belle, utili, che possano essere funzionali alle esigenze delle mamme e accogliere, in piena sicurezza e in grande armonia, i primi passi del bambino è la nostra mission. Creatività, artigianalità, amore per il bello. AZUR in questi anni ha raccolto le sfide di un mercato in continua evoluzione ed è cresciuta rinnovandosi continuamente e creando sempre nuove linee di prodotti. I prodotti a marchio AZUR e il “segreto” che li anima sono a disposizione nei 600 punti vendita sparsi sull’intero territorio nazionale. AZUR distribuisce i prodotti a marchio BEABA e BEBECAR sul territorio nazionale.

sabato 15 ottobre 2011

La comunicazione medico-paziente in campo pediatrico


Ognuno di noi, volente o nolente, si è dovuto confrontare con il sistema sanitario e più in particolare con i medici ed il loro gergo tecnico -  il "medichese" - che spesso pone una barriera tra medico e paziente, una mancata comprensione e un senso di inferiorità da parte di chi pur avendo bisogno della figura professionale non deve sentirsi in deficit. Ma la comunicazione non è esclusivamente linguaggio parlato. La prossemica, gli sguardi spesso mal direzionati, i gesti e le abitudini (quali la fretta e la scarsa pazienza) condizionano notevolmente i rapporti e quindi il modo in cui viene affrontata una situazione più o meno difficile. Un sorriso e una battuta di spirito, sempre nel rispetto dell’individuo, sono stimolo e forza per vivere meglio un problema di salute.
E che dire di quando il paziente è un bambino?  
Nel saggio Il linguaggio della salute, a cura di Alessandro Lucchini,Barbara Todisco analizza i diritti dei bambini in ospedale a partire dalla storia del piccolo Tommaso alle prese con la fame…
LA PRESA DELLA PASTIGLIA: BRUNO LO ZOZZO E I DIRITTI DEI BAMBINI IN OSPEDALE 
Ho ancora in mente la faccia del piccolo Tommaso, poco più di tre anni, che in ospedale si oppone al digiuno imposto cantando a squarciagola sulle note di Fra’ Martino: «Un panino, un panino… din don dan… datemi un panino, solo un panino din don dan». E a ogni camice bianco che passa chiede: «Dottore, almeno un panino me lo deve dare!»
Il dottore lo guarda. Si legge sul suo viso che non sa come spiegare. Così si rivolge alla mamma: «Signora non possiamo dare niente fino a questa sera, mi dispiace».
E lì, da quel deve, ho iniziato a pensare e a guardarmi intorno: le culle fredde e opprimenti con quelle sponde di alluminio, un Bambi ormai azzoppato degli anni Settanta sulla parete, piccole stanze con quattro lettini dove convivono quattro bambini e otto apprensivi genitori, una ludoteca grande quanto un francobollo con cento colori, di cui novantanove senza punta e nemmeno un temperamatite, e sei nani di plastica orfani di Cucciolo.
A tre anni, anche se non ne è consapevole, Tommaso usa un deve che dà voce ai suoi diritti e ci fa comprendere l’importanza di dargliene conto. Il ricovero di un bambino in ospedale è sempre un momento delicato per la famiglia, che vive nell’ansia, ma soprattutto è una difficile, dolorosa e spesso inaspettata esperienza per il bambino, che viene strappato dalla vita serena di tutti i giorni. In questo contesto è fondamentale comunicare direttamente con lui, spiegargli le motivazioni e renderlo conscio dei suoi diritti, affinché possa collaborare alle cure e al processo di guarigione.
Una risposta concreta a questa esigenza la dà il Meyer, l’ospedale pediatrico di Firenze, che fin dal sito web dimostra un’attenzione rara alla comunicazione con i bambini. Entrate nella home page www.meyer.it e andate nella sezione dedicata ai piccoli, la «presa della pastiglia». Qui i bambini vengono accolti da due originali personaggi che li accompagnano a zonzo per l’ospedale: Bruno lo Zozzo, un bambino che ama poco l’acqua, e il suo fido compagno il Maialino Giovanni. Bruno lo Zozzo è un bambino vero in cui tutti i bambini possono identificarsi: non ama lavarsi, ha sempre qualche macchia sul vestito, gli piace giocare, combina guai e ogni tanto si fa male.
Testimonial ideale, perché con la sua personalità consente un’immediata identificazione con i bambini. È lui che insegna i loro diritti.
 “I miei diritti al Meyer:
Noi bambini abbiamo in nostri diritti anche in Ospedale! L’ho scoperto quando mi sono rotto la gamba e adesso ve li racconto!!
E via con l’elenco:
• il diritto di tornare prima possibile a saltare nelle pozze di fango (godere del massimo grado di salute, ricevere il miglior livello di cura e assistenza);
• il diritto di rimanere Bruno lo Zozzo anche con la gamba ingessata (rispetto delle propria identità, sia culturale sia personale e religiosa);
• il diritto di sapere perché mi fa male la gamba e cosa dovrò fare per guarire (essere informato sulle proprie condizioni di salute, con un linguaggio comprensibile e adeguato; essere coinvolto nell’espressione dell’assenso/dissenso alle pratiche sanitarie);
• il diritto, quando è possibile, di scegliere tra una supposta e una puntura (esprimere liberamente la propria opinione su ogni questione che lo interessa, usufruire di un rapporto riservato paziente-medico, chiedere e ricevere informazioni);
• il diritto di piangere se mi fa male la gamba e di arrabbiarmi se sono stufo di stare a letto (manifestare il proprio disagio e la propria sofferenza, essere sottoposto agli interventi meno invasivi e dolorosi);
• il diritto di sentirmi a casa mia anche all’ospedale (tutela del proprio sviluppo fisico, psichico e relazionale; vita di relazione anche nei casi di isolamento; non essere trattato con mezzi di contenzione; rispetto della propria privacy).                          Per finire con una domanda: «E voi, quali diritti vorreste al Meyer?».
E le relative risposte di alcuni piccoli pazienti: «Il diritto di dormire fino a tardi, non tenere i cateteri per tanti giorni, giocare a carte, disegnare, far ridere, far piangere, vedere la televisione, mangiare bene e cose buone, stare con la mamma e papà anche la notte…».
Anche una tematica così complessa, dunque, si può spiegare a un bambino. I diritti di Bruno lo Zozzo sono semplici, chiari, comprensibili e soprattutto, cosa non comune, sono spiegati con le parole e i modi di un bambino. Con un’attenzione in più: l’uso di un linguaggio sincero, che crea vicinanza e relazione. Aspetto fondamentale, perché il rapporto positivo e costruttivo aiuta il processo di guarigione dei piccoli, aiuta a sperare e aiuta a vivere meglio una condizione difficile.