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AZUR è presente e attiva sul mercato da più di 35 anni. Situata tra le verdi vallate del Chianti, è una tra le maggiori aziende in Italia nel campo degli arredi per la Prima Infanzia. Realizzare cose belle, utili, che possano essere funzionali alle esigenze delle mamme e accogliere, in piena sicurezza e in grande armonia, i primi passi del bambino è la nostra mission. Creatività, artigianalità, amore per il bello. AZUR in questi anni ha raccolto le sfide di un mercato in continua evoluzione ed è cresciuta rinnovandosi continuamente e creando sempre nuove linee di prodotti. I prodotti a marchio AZUR e il “segreto” che li anima sono a disposizione nei 600 punti vendita sparsi sull’intero territorio nazionale. AZUR distribuisce i prodotti a marchio BEABA e BEBECAR sul territorio nazionale.

lunedì 29 novembre 2010

Rumori di sottofondo - Quando i genitori distraggono i figli davanti alla tv


Sempre più spesso nelle case, con la presenza di bimbi piccoli, la tv rimane sempre accesa. Quando si rientra a casa, molti genitori, come prima cosa, accendono la televisione e vi mettono davanti i propri figli. Ricerche condotte in migliaia di famiglie hanno evidenziato che nelle case dove ci sono bambini piccoli la televisione può rimanere accesa, nell’arco della giornata, anche per otto ore.
I bambini piccoli, anche se impegnati in altre attività, vengono continuamente distratti da un televisore acceso. Molti genitori credono che i bambini, essendo ancora piccoli, non capiscono i programmi televisivi e che i suoni e le immagini che vi provengono non li disturbano. E’ vero tutto il contrario. La televisione favorisce nei bambini un’abitudine a fare più cose contemporaneamente e a non concentrarsi su quello che stanno facendo.
Quando un bambino sta giocando e il televisore è acceso, egli viene continuamente distratto nella sua attività ludica e ciò comporta che, le continue occhiate che rivolge allo schermo, gli fanno riprendere con più fatica il gioco che sta facendo. Quest’abitudine può comportare in età più adulte il persistere di difficoltà di concentrazione, in particolare quando si dovrà affrontare la scuola superiore o l’università.
L’assenza della televisione nella attività di gioco e di formazione dei bambini comporta per i genitori un impegno e sforzo maggiori ma permette sicuramente di poter educare i figli alla socialità e al gioco.
(Tratto da Cittanuova n. 21 - 10.11.2010 www.cittànuova.it).

martedì 16 novembre 2010

Mastro Ciliegia - la responabilita' di fare crescere

Appunti post campo dei miracoli
Riportiamo degli appunti e spunti di, Chiara Godina, esperta in pedagogia infantile, dopo un laboratorio tenuto per genitori.
Mastro Ciliegia era un falegname; vista la difficoltà a gestire un "particolare" pezzo di legno, decide di disfarsene e di regalarlo a mastro Geppetto.
Quante volte noi, genitori, abbiamo pensato o sperato che qualcun altro prendesse il nostro posto?
Ci è mai capitato di "sperare" che la scuola potesse fare, almeno in parte, le nostre veci, soprattutto laddove noi non siamo stati "capaci"?
E' capitato di incolpare la scuola, le insegnanti, la baby sitter, la nonna, la zia o la cugina di non aver soddisfatto le nostre esigenze di genitori "deleganti"?
La risposta a queste domande è il nostro punto di partenza; il peso ed il valore delle risposte costituiscono la "responsabilità" che noi, in prima persona, ci siamo assunti nell'educare i nostri figli.
Mastro Ciliegia ha delegato. E noi? Che genitori vogliamo essere?
Se imitiamo mastro Geppetto ci assumiamo certo una grossa responsabilità: pensate a quante ne ha combinate Pinocchio! Fortunatamente Geppetto è stato ampiamente ripagato di tutte le sue fatiche ed è diventato padre di un bimbo in carne ed ossa. L'amore ha avuto il sopravvento!
Così è nella nostra vita. Non ci sono poi tante differenze tra le fatiche che oggi, nel 2009, noi genitori dobbiamo affrontare nel crescere i nostri figli, da ciò che accadeva alla fine dell'800, quando Collodi ha scritto questo romanzo.
In fondo, noi come Geppetto, dobbiamo accettare che i nostri figli siano "altro da noi", ovvero che diventino se stessi e non siano una copia imperfetta di quello che noi avremmo voluto essere (ma non siamo!).
Le fatiche dell'educare non devono essere finalizzate ad inculcare ai nostri figli il nostro modo di essere, ma devono essere un accompagnamento per far si che i loro talenti e le loro capacità emergano e si sviluppino in una particolare direzione, che non necessariamente è quella che noi abbiamo in mente. Ovviamente, da bravi genitori, faremo di tutto per far sì che la strada intrapresa dai nostri figli sia una strada "buona" e soprattutto cercheremo di essergli vicini quando incontreranno un bivio particolarmente pericoloso.
Per fortuna nel nostro cammino non siamo soli: parenti, amici, insegnanti fortunatamente ci sono. La loro "presenza" va però adeguatamente valorizzata: un reciproco confronto ed ascolto può permetterci di vedere qualcosa nei nostri figli che a noi sfugge (o che non vogliamo vedere). Proprio per il loro bene non dobbiamo vedere in loro solo ciò che funziona o solo ciò che non funziona. Gli estremi non sono mai la scelta migliore. Riuscire ad avere una buona capacità critica nei confronti dei propri figli è molto difficile, soprattutto se si è da soli. Fondamentale allora è, quando possibile, il confronto tra le due figure genitoriali (padre e madre) o chi ne fa le veci, ed il personale educativo e di riferimento per il proprio figlio.
Assumiamoci allora questa responsabilità, senza delegare, condividendo e crescendo insieme!

mercoledì 10 novembre 2010

Scoprire di aspettare un bambino

Emozioni, aspettative, paure di chi scopre di essere incinta
Scoprire di essere incinta è una delle emozioni ed avvenimenti, forse, più importanti nella vita di una donna. Ringraziamo Martina per averci scritto alcune righe sul suo nuovo stato interessante.

Quando sono rimasta in cinta l'ho sentito subito. La mattina dopo mi sono svegliata e mi ha dato subito fastidio l'odore di candeggina, cosa che di solito non mi è mai successa. Il giorno dopo mi sono sentita diversa… non mi sentivo più sola dentro di me, sentivo la “presenza” di qualcosa, una presenza non fisica, piuttosto di un cambiamento nel mio corpo. E’ difficile da spiegare ma “mi sentivo mamma”. Dopo un paio di giorni sono incominciate le voglie, ho iniziato ad avere voglia di mangiare i cibi che non avrei mai mangiato prima di essere incinta… inoltre il mio stato d’animo ha iniziato a cambiare in modo repentino, a momenti mi sentivo felice e a momenti piangevo. A livello fisico ho sentito dei doloretti all'ovaia destra e una stanchezza incredibile.
Causa il cambio di alimentazione che mi ha portato a mangiare molta frutta acida rispetto a quanto facevo di solito ho avuto un periodo di nausee abbastanza fastidiose. Sono così corsa al riparo cambiando la dieta ed introducendo molti più cibi amidacei e proteici. Ho sperimentato che seguire un po’ le voglie mi faceva bene, nel senso che le nausee scomparivano, ma l’ho sempre fatto con coscienza, non esagerando nel mangiare cibi troppo grassi o altamente calorici. Sono sempre stata molto attenta alle combinazioni alimentari e ho continuato a farlo: è mia la responsabilità di iniziare e mantenere una buona alimentazione durante la gravidanza per assicurare al bimbo, sin dalle prime settimane di vita nel mio grembo, il nutrimento e le mie condizioni fisiche migliori. Ora la consapevolezza di che cosa che mangio e che avrei mangiato influenza lo sviluppo del/la bimbo/a mi ho reso molto più responsabile nella cura del mio corpo.
Quando, dopo 2 settimane in cui ho iniziato ad accusare i sintomi di una gravidanza, ho avuto la conferma del test: era certo, una nuova vita aveva preso posto in me e ha iniziato a svilupparsi! Da quel momento in poi ho iniziato a pensare per due...non c’è stato un grande ragionamento, è venuto spontaneo, istintivo. Mi sono sentita estremamente felice di essere mamma per la prima volta nella mia vita.
Le prime settimane non sono state psicologicamente facili perché è sopraggiunta la paura per un possibile aborto, che può capitare nel primo periodo, di solito entro la dodicesima settimana e così ho optato per la decisione di non divulgare la notizia della gravidanza se non alle persone più vicine fino a che questo pericolo fosse scongiurato.
E’ stato molto rassicurante informarmi subito su cos’è un embrione e come si sviluppa durante la gravidanza e sui metodi di parto… ciò mi ha tranquillizzata moltissimo. La decisione sulla tipologia di parto non l’ho ancora presa… quello di cui sono convinta è che partorire sia un avvenimento molto bello e di cui non c’è nulla da temere. Credo che alla fine propenderò per una metodologia di parto “dolce” che mi permetta di essere subito a contatto con il mio bambino, o in acqua
o in casa o entrambi. Sono convinta che il primo contatto con l'ambiente esterno sia molto importante per il bimbo e che incida ed influenzi la sua percezione futura della vita.
In questo periodo cerco, oltre che di assecondare qualche voglia alimentare e ad essere attenta alla dieta e alla mia salute, anche di assecondare le mie passioni, una delle quali è per la musica classica. La musica, ascoltata in relax, mi rilassa ma sono convinta che fa anche udire al bimbo suoni armoniosi e dolci, i quali influiranno positivamente nel suo futuro. Mi piace l’idea di frequentare un corso per gestanti che abbini il parto in acqua assieme all’ascolto di musica… questa è un'idea.
"

lunedì 8 novembre 2010

Andare alla scuola materna

A volte i bambini possono avere atteggiamenti a prima vista contraddittori
A volte può capitare che portando il bimbo alla scuola materna, anche se di carattere socievole, che voglia continuare a stare in braccio alla mamma, facendo i capricci, magari piangendo, perchè non vuole rimanere da solo. Quando invece si va a riprenderlo, alla fine della giornata, a sorpresa, può avere un atteggiamento contrario, cioè che non voglia venire e che continui a giocare. Come interpretare questo suo atteggiamento a prima vista contraddittorio? Che fare?
Riportiamo un intervento del dr. Ezio Aceti da Città Nuova di ottobre 2007 che tratta proprio di questa problematica.
"Il bambino che piange quando lo si accompagna alla scuola materna, non è capriccioso e tanto meno cattivo, ma perfettamente normale. Egli vorrebbe stare sempre con la madre perché ciò lo rassicura. Come comportarsi con lui? Quello che è importante è la modalità di separazione che deve avvenire in modo naturale tenendo conto del suo vissuto. Al momento del distacco, egli è in ansia perché ha paura di rimanere sempre senza la madre. Col pianto manifesta all'esterno questo timore che lui vive in modo esagerato perché non è ancora padrone del tempo e non ha ancora sufficiente esperienza. Il bambino, si può dire, ha le sue ragioni per piangere. È bene rispondergli tenendo conto di ciò e facilitare l'inserimento nella realtà, dando senso alla separazione che sta per avvenire. Questo è quello che vorremmo venisse fatto a noi quando soffriamo. Cioè vorremmo che chi ci sta vicino ci comprendesse e ci incoraggiasse a fare bene, senza rimproveri o minacce. Così è per il bambino ogni volta che si deve separare dalla madre o da qualche cosa che gli piace. Gli si può dire: Lo so che tu vorresti stare in braccio alla mamma, ma adesso devi andare dalla maestra. Sono sicura che tutto andrà bene e quando verrò a riprenderti mi racconterai cosa hai fatto. Queste o altre parole suggerite dall'amore non sono di poco conto perché possono dare senso alla sofferenza del distacco. Il pianto non deve preoccupare. Occorre comprendere che la madre è per il piccolo la prima figura di attaccamento. Le modalità di separazione da lei fanno spesso il discrimino fra uno sviluppo normale o patologico. La presenza o l'assenza fisica e mentale della figura materna è una condizione della massima importanza nel determinare lo sviluppo emotivo di un bambino. Le vicende separative costituiscono la base di un sano sviluppo individuale. Ne sono una testimonianza le varie problematiche che vengono riscontrate in persone che hanno subito un abbandono precoce da parte della madre. Un normale attaccamento, come quello di suo figlio verso di lei, prefigura una persona che sa aiutarsi, che sa chiedere e dare aiuto, con una buona immagine di sé e fiducia negli altri."