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AZUR è presente e attiva sul mercato da più di 35 anni. Situata tra le verdi vallate del Chianti, è una tra le maggiori aziende in Italia nel campo degli arredi per la Prima Infanzia. Realizzare cose belle, utili, che possano essere funzionali alle esigenze delle mamme e accogliere, in piena sicurezza e in grande armonia, i primi passi del bambino è la nostra mission. Creatività, artigianalità, amore per il bello. AZUR in questi anni ha raccolto le sfide di un mercato in continua evoluzione ed è cresciuta rinnovandosi continuamente e creando sempre nuove linee di prodotti. I prodotti a marchio AZUR e il “segreto” che li anima sono a disposizione nei 600 punti vendita sparsi sull’intero territorio nazionale. AZUR distribuisce i prodotti a marchio BEABA e BEBECAR sul territorio nazionale.

mercoledì 2 novembre 2011

Marsupio terapia


Perché scegliere un marsupio porta-bebè
Circa trent’anni fa i neonatologi Edgar Rey e Hector Martinez introdussero la marsupio terapia in Colombia. Presto la pratica si diffuse in tutta l’America latina, poi in Asia e in Africa e negli anni ’90 in Francia, Svezia, Canada, Olanda e USA, dove prese il nome  di Kangaroo Mother Care. L’obiettivo della terapia era quello di rendere più naturali le cure riservate ai  bambini nati prematuramente, affrontando contemporaneamente l’insufficiente numero di incubatrici negli ospedali.
La pratica consisteva nel tenere il bambino prematuro in posizione eretta sul petto nudo della mamma (sinonimo di nutrimento), con la testa appoggiata sul petto per poter sentire i battiti del cuore e il calore del genitore.  I risultati non tardarono ad arrivare e il calo della mortalità diminuì considerevolmente. 
La relazione con la madre è l’elemento fondamentale per superare le difficoltà dello sviluppo. Il calore della mamma, il contatto pelle contro pelle, permette la sopravvivenza del bambino che non è ancora in grado di adattarsi da solo alla temperatura dell’ambiente. La posizione verticale inoltre favorisce la respirazione. Il bambino può rimanere in questa posizione per tutto il tempo necessario al completamento del suo sviluppo.In questa fase, la madre potrà separarsi affidandolo bimbo per brevi periodi ad altri familiari (al padre, alla nonna o a un fratello  a una sorella); in questo modo la relazione non si interrompe ma, al contrario, vengono rinforzati gli elementi di comunicazione e di riconoscimento reciproco che stanno alla base di un sano sviluppo della personalità del bambino.

Le ricerche dimostrano che in rapporto ad altri mammiferi, i nostri bèbè nascono con tre mesi “in anticipo”, ovvero il loro sviluppo non è da considerarsi ultimato subito dopo la nascita. Il neonato ha quindi bisogno del contatto prolungato con la mamma al fine di consolidare il ritmo cardiaco e la temperatura. Portare il bebè con un marsupio faciliterebbe quindi la transizione dal grembo materno all’ambiente, aiutando il bambino nell’adattamento.
     Riassumendo, ecco quali sono i principali vantaggi della marsupio terapia:
-       il contatto epidermico crea una naturale regolazione della temperatura
-       la posizione favorisce la respirazione e l’ossigenazione
-       la pratica sembra aumentare la produzione di latte materno
-       ne beneficia anche l’attività motoria del bambino: la posizione nel marsupio per il bambino è naturale e consente un corretto sviluppo delle sue anche e della colonna vertebrale    
-       il bambino sembra dormire più tranquillo e piangere meno e sono stati riscontrati benefici anche per quanto riguarda le coliche (spesso legate al pianto e alla difficoltà nel passaggio dallo stato di veglia al sonno).
Dopo tutto, non si tratta di una terapia recente ma di una tecnica molto antica conosciuta da millenni come unica modalità di sopravvivenza per bambini nati prematuri o sottopeso. Ora, anche nei Paesi industrializzati, si è ri-scoperta l’utilità e il vantaggio di portare il bambino con un marsupio (alternativa alla tradizionale fascia) tenendolo sulla pancia, sulla schiena o sul fianco sin dai primi giorni di vita fino ad un anno d’età e oltre (indicativamente dai 6 kg ai 18 kg ). Questo trasmette calore, protezione, sicurezza e, aspetto non meno importante, si concilia con le attività quotidiane della mamma. Gli esperti assicurano che la marsupio-terapia rende i bambini più quieti e migliora la relazione empatica tra madre-figlio.
                         
Anche per i papà l’esperienza relazionale con il bimbo e la condivisione, con la mamma, di questo modo di prendersi cura di    lui, favoriscono il rapporto. Per entrambi i genitori questo può significare anche una aumentata sicurezza e fiducia nelle proprie capacità di comprendere e soddisfare i bisogni del bambino.


Link:

sabato 15 ottobre 2011

La comunicazione medico-paziente in campo pediatrico


Ognuno di noi, volente o nolente, si è dovuto confrontare con il sistema sanitario e più in particolare con i medici ed il loro gergo tecnico -  il "medichese" - che spesso pone una barriera tra medico e paziente, una mancata comprensione e un senso di inferiorità da parte di chi pur avendo bisogno della figura professionale non deve sentirsi in deficit. Ma la comunicazione non è esclusivamente linguaggio parlato. La prossemica, gli sguardi spesso mal direzionati, i gesti e le abitudini (quali la fretta e la scarsa pazienza) condizionano notevolmente i rapporti e quindi il modo in cui viene affrontata una situazione più o meno difficile. Un sorriso e una battuta di spirito, sempre nel rispetto dell’individuo, sono stimolo e forza per vivere meglio un problema di salute.
E che dire di quando il paziente è un bambino?  
Nel saggio Il linguaggio della salute, a cura di Alessandro Lucchini,Barbara Todisco analizza i diritti dei bambini in ospedale a partire dalla storia del piccolo Tommaso alle prese con la fame…
LA PRESA DELLA PASTIGLIA: BRUNO LO ZOZZO E I DIRITTI DEI BAMBINI IN OSPEDALE 
Ho ancora in mente la faccia del piccolo Tommaso, poco più di tre anni, che in ospedale si oppone al digiuno imposto cantando a squarciagola sulle note di Fra’ Martino: «Un panino, un panino… din don dan… datemi un panino, solo un panino din don dan». E a ogni camice bianco che passa chiede: «Dottore, almeno un panino me lo deve dare!»
Il dottore lo guarda. Si legge sul suo viso che non sa come spiegare. Così si rivolge alla mamma: «Signora non possiamo dare niente fino a questa sera, mi dispiace».
E lì, da quel deve, ho iniziato a pensare e a guardarmi intorno: le culle fredde e opprimenti con quelle sponde di alluminio, un Bambi ormai azzoppato degli anni Settanta sulla parete, piccole stanze con quattro lettini dove convivono quattro bambini e otto apprensivi genitori, una ludoteca grande quanto un francobollo con cento colori, di cui novantanove senza punta e nemmeno un temperamatite, e sei nani di plastica orfani di Cucciolo.
A tre anni, anche se non ne è consapevole, Tommaso usa un deve che dà voce ai suoi diritti e ci fa comprendere l’importanza di dargliene conto. Il ricovero di un bambino in ospedale è sempre un momento delicato per la famiglia, che vive nell’ansia, ma soprattutto è una difficile, dolorosa e spesso inaspettata esperienza per il bambino, che viene strappato dalla vita serena di tutti i giorni. In questo contesto è fondamentale comunicare direttamente con lui, spiegargli le motivazioni e renderlo conscio dei suoi diritti, affinché possa collaborare alle cure e al processo di guarigione.
Una risposta concreta a questa esigenza la dà il Meyer, l’ospedale pediatrico di Firenze, che fin dal sito web dimostra un’attenzione rara alla comunicazione con i bambini. Entrate nella home page www.meyer.it e andate nella sezione dedicata ai piccoli, la «presa della pastiglia». Qui i bambini vengono accolti da due originali personaggi che li accompagnano a zonzo per l’ospedale: Bruno lo Zozzo, un bambino che ama poco l’acqua, e il suo fido compagno il Maialino Giovanni. Bruno lo Zozzo è un bambino vero in cui tutti i bambini possono identificarsi: non ama lavarsi, ha sempre qualche macchia sul vestito, gli piace giocare, combina guai e ogni tanto si fa male.
Testimonial ideale, perché con la sua personalità consente un’immediata identificazione con i bambini. È lui che insegna i loro diritti.
 “I miei diritti al Meyer:
Noi bambini abbiamo in nostri diritti anche in Ospedale! L’ho scoperto quando mi sono rotto la gamba e adesso ve li racconto!!
E via con l’elenco:
• il diritto di tornare prima possibile a saltare nelle pozze di fango (godere del massimo grado di salute, ricevere il miglior livello di cura e assistenza);
• il diritto di rimanere Bruno lo Zozzo anche con la gamba ingessata (rispetto delle propria identità, sia culturale sia personale e religiosa);
• il diritto di sapere perché mi fa male la gamba e cosa dovrò fare per guarire (essere informato sulle proprie condizioni di salute, con un linguaggio comprensibile e adeguato; essere coinvolto nell’espressione dell’assenso/dissenso alle pratiche sanitarie);
• il diritto, quando è possibile, di scegliere tra una supposta e una puntura (esprimere liberamente la propria opinione su ogni questione che lo interessa, usufruire di un rapporto riservato paziente-medico, chiedere e ricevere informazioni);
• il diritto di piangere se mi fa male la gamba e di arrabbiarmi se sono stufo di stare a letto (manifestare il proprio disagio e la propria sofferenza, essere sottoposto agli interventi meno invasivi e dolorosi);
• il diritto di sentirmi a casa mia anche all’ospedale (tutela del proprio sviluppo fisico, psichico e relazionale; vita di relazione anche nei casi di isolamento; non essere trattato con mezzi di contenzione; rispetto della propria privacy).                          Per finire con una domanda: «E voi, quali diritti vorreste al Meyer?».
E le relative risposte di alcuni piccoli pazienti: «Il diritto di dormire fino a tardi, non tenere i cateteri per tanti giorni, giocare a carte, disegnare, far ridere, far piangere, vedere la televisione, mangiare bene e cose buone, stare con la mamma e papà anche la notte…».
Anche una tematica così complessa, dunque, si può spiegare a un bambino. I diritti di Bruno lo Zozzo sono semplici, chiari, comprensibili e soprattutto, cosa non comune, sono spiegati con le parole e i modi di un bambino. Con un’attenzione in più: l’uso di un linguaggio sincero, che crea vicinanza e relazione. Aspetto fondamentale, perché il rapporto positivo e costruttivo aiuta il processo di guarigione dei piccoli, aiuta a sperare e aiuta a vivere meglio una condizione difficile.

mercoledì 10 agosto 2011

Dalla genitorialità ai nuovi legami nel web


Parte II. IL WEB 2.0 DELLE MAMME
In continuità con i precedenti post - quelli del mese scorso - parliamo delle "Mamme 2.0" e della generazione di neogenitori che sta facendo crescere una nuova Rete di Legami nel Web.  
Tra poco più di un mese, precisamente il 24 settembre 2011, si svolgerà a Milano il MomCamp: un incontro gratuito aperto a tutti, a cui parteciperanno tante mamme blogger, ma non solo. Evento che prende spunto dai BarCamp (non-conferenze collaborative, dove chiunque può parlare, proporre un argomento e discuterne con gli altri, con lo scopo di favorire il libero pensiero, la curiosità, la divulgazione e la diffusione dei temi legati al Web), il MomCamp è organizzato dalla stessa Community che ogni giorno si confronta sulla pagine Web, con il supporto di agenzie come Fattore Mamma e Hagakure.
Gli stessi temi dell’incontro sono decisi da chi vi partecipa o vi vorrebbe partecipare. Quest’anno gli argomenti principali (discussi su Facebook o direttamente su www.momcamp.it)  ruotano proprio attorno al futuro delle mamme online, dei blog fatti dalle mamme per le mamme, del nuovo target di comunicazione delle aziende del settore - come la nostra  - e perché no, del fenomeno mediatico che le mamme e i papà attivi stanno alimentando con la loro "partecipazione". Partecipazione è una delle parole- chiave assieme a condivisione, diffusione dell’informazione, comunicazione e ascolto.
Tutto ciò sta creando anche nuovi orizzonti nel mondo del lavoro e nuove figure professionali, flessibili e adattabili alla società attuale.
Insomma, tutto sembra rivolto alla creazione di una Comunità nuova e ricca di risorse, dove chiunque può esprimere la propria voce, ha il diritto di fare domande e di essere ascoltato, dove anche la mamma a tempo pieno può ritagliarsi il proprio spazio creativo oppure svolgere un vero e proprio lavoro sul Web, che sia fonte di soddisfazione, riconoscimento e fiducia. È una Comunità che si presuppone crescere sulla base di sentimenti d’amicizia, di condivisione e di aiuto reciproco.
A questo punto sorge spontaneo pensare a come tutto questo nuovo panorama di possibilità e percorsi abbia anche degli effetti sulla vita delle nostre famiglie e dei nostri bambini, visto che si tratta della società che ruota attorno a loro.         
E in merito a questo ci piace citare proprio la pagina di un blog, di Mestiere di Mamma, in cui ci viene consigliata la lettura di Non solo di mamma e papà vivono i figli. Lettera ad un genitore della psychologic generation, dell’educatore Marco Tuggia. MestiereDiMamma scrive:  «Con i legami leggeri a far crescere i bambini è un intero villaggio, senza troppi stress, con una responsabilità condivisa. In fondo...di chi è mio figlio? Lo posso un po’ spartire con gli altri, per il suo bene?». (vedi nota)  
In quest’ottica si alimentano le relazioni al di là della cerchia famigliare, ci si sostiene tra vicini di casa, si danno consigli ad amici e amiche "di blog", si discutono argomenti interessanti ai BarCamp, si diventa un interlocutore per le aziende che hanno la necessità di ascoltare e comunicare con le persone e con l’intera comunità. Per le aziende, infatti, non esiste più un target definito su dati statistici (età, provenienza ecc…) ma esistono relazioni tra persone competenti, "tribù" e contenuti liberi di viaggiare sul Web. Ma questo è un altro vasto argomento.
Sperando di contribuire al bene della Rete delle mamme online e di aver alimentato a nostra volta il dialogo, auguriamo a tutti delle buone vacanze estive!
Un pensiero in particolare per le future mamme e i futuri papà che nei prossimi giorni vivranno il miracolo della vita.
Ciao da Azur!
nota:

sabato 30 luglio 2011

La genitorialità


Nel precedente post abbiamo accennato al concetto di “genitorialità”. Vediamo un po' di capire che cosa rappresenta.
Di certo, in questa sede non potremo esaurire tutti i suoi significati e le tematiche connesse. La nostra non è una pretesa di completezza né tantomeno vogliamo fare didattica spicciola. L’unica volontà è quella di affrontare argomenti utili alle mamme e ai papà che ci seguono, fornire spunti di riflessione e approfondimento, ma soprattutto, affrontare assieme il ruolo di genitori in modo consapevole e sereno.

Così come si evolve il ruolo del genitore, si evolve negli anni il concetto di genitorialità, trovando nuove ramificazioni e spessori a seconda dell’ambito in cui viene applicato (psicologia, psicodinamica, psicopedagogia, ricerca clinica, dinamiche psicosociali e così via).
Da un punti di vista “formativo” e quindi psicopedagogico, la genitorialità rappresenta il «continuo apprendistato per imparare l'arte di essere genitori» (Gianluigi Visentini, Definizione e funzioni della genitorialità). Questo approccio vede il ruolo del genitore come un processo dinamico attraverso il quale si impara a prendersi cura del figlio e a rispondere ai suoi bisogni, sempre diversi a seconda della fase evolutiva. Naturalmente, ciò non fa che riattivare bisogni ed angosce che fanno parte della propria storia evolutiva, proprio perché la crescita umana è fatta di stadi che si ripetono nel corso della vita.
Da un punto di vista prettamente psicologico, si può dire che la genitorialità sia una parte fondante della personalità di ciascuno: uno “spazio psicodinamico” che inizia a formarsi nell'infanzia quando a poco a poco interiorizziamo i comportamenti, i messaggi verbali e non-verbali, le aspettative, i desideri, le fantasie dei nostri genitori.
Dal punto di vista della crescita evolutiva -come scrive Visentini citando Erikson - uno degli stadi della persona è la genitorialità (o generatività) ed esso rappresenta il passaggio dal legame di attaccamento con i propri genitori (”essere oggetto di cura”) a quello nei confronti del partner (reciprocità intesa come “mi prendo cura di te come tu ti prendi cura di me”) per giungere, infine, al realizzarsi di una nuova modalità unidirezionale in senso inverso, ovvero il generare una nuova vita di cui prendersi cura (“mi prenderò sempre cura di te, figlio, qualsiasi persona tu sarai”). Appare chiaro come la genitorialità non comprenda solo gli aspetti individuali e della personalità, ma anche gli aspetti di coppia e quindi della relazione tra i partner che condividono il ruolo genitoriale. «E' il legame di coppia che rappresenta lo snodo del passaggio da “oggetto di cura” a “caregiver”».
Come ogni stadio evolutivo della crescita, anche la genitorialità – forse il momento evolutivo più maturo dal punto di vista psicologico, affettivo e relazionale – è accompagnato da difficoltà, contraddizioni, ricerche, crisi, integrazioni. Quindi lo “spaesamento” nel diventare genitori è normale e sano, anche perché non si tratta di qualcosa di innato (quale può essere invece l’istinto materno e paterno), piuttosto, quella della genitorialità è una “funzione” composta da tante altre sub-funzioni alla quale mettersi al servizio in modo consapevole e responsabile. Il primo aspetto da riconoscere è che nostro figlio non è un oggetto di cura bensì è un Soggetto in Creazione (dott.ssa Maria Marcella Cingolani, La Genitorialità) che va rispettato nel suo percorso di crescita. La presenza responsabile del genitore, secondo questo approccio, non è né impositiva né lassista, bensì propositiva ed accogliente, «una presenza in grado di ascoltare, in grado di dialogare, in grado di dare il giusto valore a quel tempo che ad ogni figlio è necessario e vitale per cercarsi, per trovarsi, per costruirsi».  
In conclusione,  comprendiamo come non si possa essere genitori sempre allo stesso modo perché, a seconda dell’età dei figli, è necessario assolvere compiti differenti e adottare/adattare le proprie modalità comunicative ed interattive. Lo “stile educativo” va rivisitato con dinamicità (dott.ssa Laura Tullio, Cos’è la genitorialità?).
Un caro saluto a tutti i nostri “Apprendisti Mamma e Papà”!
Al prossimo aggiornamento.

Fonti

martedì 12 luglio 2011

Dalla genitorialità ai nuovi legami nel web - Parte I

«Sono Martina e sono diventata mamma da 3 settimane. È un'esperienza meravigliosa che ti fa perdere ogni controllo, ti emoziona, ti rattrista, ti rende felice e ti fa mettere in discussione ogni minuto che passa vicino al tuo piccolo. È scoperta e tante volte anche pianto. Non avrei mai immaginato fosse così profonda e unica.»

Qui, tra le "pagine" del blog Azur e in quasi due anni di attività, abbiamo condiviso esperienze di genitori e di neomamme, approfondito temi come l’educazione, il rapporto con il bambino e le nostre relazioni nella società. Oggi pubblichiamo le parole di Martina, che ci ha scritto su Facebook, per farle un grande "in bocca al lupo" per la nuova avventura e, approfittando del suo pensiero, per affrontare un tema variegato e variopinto come la genitorialità. Voi direte: l'ennesimo parolone, sicuramente frutto di qualche teoria psicologica, che ha forse l'intento di schematizzare un'esperienza che in nessun modo può essere schematizzata. Perché l'essere genitori è unico, personalissimo, intimo, sempre diverso, ingiudicabile.

Eppure abbiamo bisogno di definizioni, di regole e di consigli. Abbiamo bisogno degli Altri. E non bastano più il "parentado" (che anzi - più di qualcuno sarà d'accordo - spesso ci confonde!), il pediatra, l'educatrice del nido… e non bastano più i nostri amici di sempre… magari quell'amica con cui prima uscivamo ogni fine settimana, ma ora che è nato il nostro bambino, non sempre comprende che le esigenze della famiglia sono cambiate. Ecco che si affaccia sulla scena un nuovo personaggio: è Internet. 

La neomamma o il neopapà tra una poppata e l'altra, tra un sonnellino e una passeggiata, hanno il computer acceso e una connessione a Internet senza limiti e magari, senza nemmeno rendersene conto, hanno creato una nuova Rete di Legami.  Infatti il Web è il mezzo più veloce per avere informazioni sulla salute del bambino, per trovare nuove ricette e idee per la pappa in una giornata in cui "non si sa più che pesce pigliare", per sapere qual è il punto vendita più vicino a casa per comprare quel meraviglioso biberon o il simpaticissimo giocattolo di cui parla un'altra mamma nel suo blog. Nel frattempo, possiamo chattare con l'amica su Facebook e sfogarci per i capricci del bimbo, pubblicare e condividere le foto che gli abbiamo appena scattato… perché era veramente troppo buffo con quel "ghigno lamentino"… e accedere a Youtube per fargli sentire la canzone di Shakira che – incredibile ma vero – gli fa tornare la voglia di scatenarsi per casa!
Una vita da neogenitori condivisa e che si evolve assieme a quella degli Altri che sono come Noi e sanno quello che stiamo pensando o provando di fronte ad una piccola grande difficoltà quotidiana. Probabilmente, quell'amico "virtuale" su Facebook, lontano fisicamente ma vicino con la sua esperienza potrà darci un consiglio, spassionato, slegato da un "ruolo", amichevole, senza giudizio. 

Certamente, è una questione di scelte. Non è detto che questa "formula" vada bene a tutti, anzi, c'è chi con delle buone ragioni considererà più sani i legami tradizionali credendo che lo spazio virtuale porti ad un certo "isolamento". Oppure chi diffida delle informazioni facili che si trovano nella Rete e della medicina "fai da te". Di sicuro anche i nuovi legami nel Web sono una realtà del presente, una realtà dinamica, in perenne rinnovamento e crescita, con i suoi pro e contro. 
Voi che cosa ne pensate?

Ci aggiorniamo, alla prossima riflessione …

Buona settimana!
Angelica

venerdì 24 giugno 2011

BPA FREE


Niente piu' biberon contententi Bisfenolo A
Ormai è da tempo che si sente parlare di questa sigla: BPA. Dallo scorso anno si è globalmente diffusa la questione sui presunti danni alla salute arrecati dall’esposizione alla sostanza e così, sono state avviate le verifiche dalle varie commissioni internazionali deputate alla salvaguardia della sicurezza e della salute pubblica.

Innanzitutto, che cos’è il bisfenolo A?
Si tratta di una sostanza chimica usata prevalentemente in associazione con altre sostanze chimiche per produrre plastiche e resine. L’esposizione al BPA attraverso gli alimenti è dovuta al suo impiego in talune materie plastiche e altri materiali. Ad esempio, il BPA è impiegato (sin dagli anni ’60) nel policarbonato, un tipo di plastica rigida trasparente, utilizzato per produrre recipienti per uso alimentare come le bottiglie per bibite, i biberon, le stoviglie di plastica (piatti e tazze) e altri recipienti di plastica. Residui di BPA possono essere presenti nelle resine epossifenoliche, usate per produrre pellicole e rivestimenti interni delle scatole di metallo di alimenti e bibite e per esempio dei coperchi degli omogeneizzati. Il BPA può migrare in piccole quantità nei cibi e nelle bevande conservati in materiali come quelli elencati; secondo alcuni studi, infatti, se una bottiglia in policarbonato viene riscaldata, il BPA ha maggiore probabilità di contaminare l’alimento.

Nel gennaio 2010 la FDA - Food & Drug Administration - degli Stati Uniti dichiarava  una certa preoccupazione circa il potenziale effetto del BPA sul cervello, sul comportamento e sulla prostata in neonati, bambini e ragazzi, nonostante fosse già regolamentato il livello minimo di esposizione umana alla sostanza. Infatti, anche in Europa, già nel 2006 l’EFSA – European Food Safety Authority - aveva fissato per questa sostanza una dose giornaliera tollerabile (DGT o  TDI) di 0,05 milligrammi/chilogrammo di peso corporeo, ovvero una dose può essere ingerita ogni giorno per tutta la vita senza rischi apprezzabili. L’EFSA constatava inoltre che l’assunzione di BPA da cibi e bevande era di gran lunga inferiore alla DGT, persino per neonati e bambini. Ciò era stato confermato due anni più tardi.

Nel frattempo, oltreoceano continuavano le ricerche a livello medico- scientifico, in cui si suggerivano l’esistenza di un collegamento tra l’aumento dei livelli di BPA urinario e una maggiore incidenza di patologie gravi, tra cui cardiopatie e diabete, oppure di possibili danni a livello neuro- evolutivi.
L’allarme è stato sollevato dal governo del Canada, che nel 2009 aveva introdotto norme per mettere al bando l’uso del policarbonato nei biberon. La Commissione Europea e quindi l’EFSA hanno continuato a monitorare la situazione e a fare le dovute verifiche analizzando criticamente le valutazioni sulla sicurezza del BPA in termini di salute umana provenienti da esperti di tutto il mondo.

Canada, Australia, Danimarca e Francia sono stati i primi Paesi a vietare l’impiego del BPA nei biberon; nel frattempo, negli Stati Uniti diversi Stati (tra cui Connecticut, Minnesota, Illinois) iniziavano a mettere al bando i prodotti in policarbonato destinati agli alimenti e venivano avviate restrizioni nonché misure che favorissero lo sviluppo di sostanze alternative.

Ma ecco che recentemente, ci sono stati degli sviluppi in ambito europeo e il 25 novembre 2010 la Commissione Europea ha approvato la direttiva (2011/8/UE) fissando il 1° marzo 2011 come data per il divieto di fabbricazione di biberon in policarbonato quindi contenenti bisfenolo A - i classici biberon di plastica trasparente.
Dal 1° giugno 2011 inoltre è bandita anche l’immissione sul mercato e l'importazione nell'UE di materiali e oggetti di materia plastica destinati a venire a contatto con prodotti alimentari che non siano conformi alla direttiva.

Notizia ancora più fresca ed eclatante: anche la Cina, secondo quanto comunicato ufficialmente dal Ministero della Sanità, sta cercando di allinearsi agli standard europei e vieterà la vendita di contenitori di alimenti per neonati e bambini contenenti bisfenolo A dal 1° settembre 2011. Le autorità di Shanghai hanno promesso un aumento dei controlli una volta che il divieto entrerà in vigore, per accertarsi che questi prodotti non siano distribuiti.

Fonti:
http://www.efsa.europa.eu/it/topics/topic/bisphenol.htm
http://www.fda.gov/NewsEvents/PublicHealthFocus/ucm064437.htm
http://www.ilfattoalimentare.it/bisfenolo-bpa-cina-vietato-biberon-standard-europei.html
http://www.liberavox.it/home/index.php/ambiente/46-ambiente/72-dal-1-marzo-2011q-biberon-free-bpaq
Il Giornale dell’Infanzia, pag. 33, marzo 2011, Sfera Editore.

lunedì 21 marzo 2011

Le camerette Natura di Azur dipinte a mano


Azur è ancora una delle poche, se non l'unica azienda, nel panorama del vasto mercato italiano che ha ancora un processo artigianale nella produzione dei mobili per la prima infanzia che prevede l'areografia quale tecnica manuale per colorare i personaggi delle sue collezioni.
Ogni giorno nel reparto aerografia, mani precise e ricche di creatività, colorano e danno un tocco di vitalità a tutti i personaggi che animano le nostre collezioni.
Per esempio la camerette Natura, nella versione bianco/bianco e in quella bianco/giallo, è arricchita da tante piccole coccinelle che rendono i mobili allegri e pieni di vita!
Il bebè ha il diritto di crescere e di sviluppare i propri sensi in un ambiente piacevole, colorato, stimolante e soprattutto sicuro soprattutto da un punto di vista normativo, ecologico e di materie prime usate (per esempio i colori utilizati da Azur sono rigorosamente a base d'acqua.
www.azurline.eu

domenica 20 marzo 2011

Dieci cose che i papà avrebbero voluto sapere

Mi è capitato di leggere un libretto simpaticissimo sull'argomento del divenire papà e sfogliando le pagine mi sono soffermato sul paragrafo dal titolo: "dieci cose che i papà avrebbero voluto sapere"... un modo dovertente per sorridere e riflettere, pensando a quello che veramente è importante nella vita del nostro bimbo...



1
avrei voluto sapere cosa aspettarmi, allora forse avrei avuto la risposta giusta al momento giusto.


2
avrei voluto sapere che dovevo scrivermi tutte le cose divertenti che hanno detto.


3
avrei voltuo saper bilanciare la capacità di ascoltare e la voglia di risolvere. Senza dare ai miei figli la risposta "giusta" prima ancora che essi avessero finito di esporre il problema.


4
avrei voluto far tesoso di tutti i momenti speciali fatti di risate, lotte e storielle divertenti.


5
avrei voluto sapere che occorrono circa 35 minuti per pulire il pavimenti dal pongo, circa 45 per togliere i segni di pennarello dal muro e almeno 70 per pulire qualunque cosa imbrattata di vernice.


6
avrei voluto sapere cosa fare quando mancano i pannolini nel bel mezzo del parco in una bella giornata estiva.


7
avrei voluto sapere che un sorriso aiuta sempre.


8
avrei voluto sapere rimanere sveglio durante l'incontro degli scout del lunedì sera e all'incontro del calcio del sabato mattina.


9
avrei voluto sapere che i bambini possono ascoltare le parole ma danno sempre più attenzione ai fatti.


10
avrei voluto sapere che la paternità non è qualcosa che può essere recitato, appreso o immaginato, ma deve essere vissuto in ogni istante di ogni singolo giorno.

giovedì 10 febbraio 2011

La relazione mamma - bambino


Il parto e i bisogni del neonato
Iniziamo il post di oggi con una citazione di Maria Montessori riguardante la nascita del neonato:
"Il dramma del neonato è il totale distacco dalla madre che finora ha fatto tutto per lui. Separato da lei e abbandonato alle sue deboli forze, egli deve ad un tratto compiere da solo tutte le funzioni della vita. Fino a questo momento era cresciuto adagiato là, dove un liquido tiepido, creato per lui, lo difendeva da ogni urto, da uno squilibrio di temperatura; là dove non gli era giunto il minimo raggio di luce...
Ed ecco che egli lascia quell'ambiente per vivere all'aria. Il cambiamento è repentino, senza successivi stadi di transizione: egli dianzi era in riposo, d'un tratto si deve assoggettare al lavoro faticoso di venire alla luce. Il suo corpo è stritolato quasi come si costringesse un adulto a passare sotto una macina di mulino che gli spostasse e gli snodasse tutte le giunture. Ed eccolo giunto tra noi dal terribile contrasto per il perfetto riposo e l'inalienabile sforzo appena compiuto. Egli è spossato, ferito, come un pellegrino che giunga da noi da paesi lontani..."
Quando il bambino nasce è, coma abbiamo appena letto, stanco e ferito, bisognoso quindi, fin da subito, di instaurare con la mamma un rapporto e un attaccamento che gli dia sicurezza e protezione. Questo legame durerà a lungo e sarà determinante per la formazione del carattere e dell'autostima del figlio. Appena nato la mamma incontra il suo bambino per la prima volta e gli riserva fin da subito la massima attenzione... lo esplora, lo tocca, gli parla, gli sorride, insomma stabilisce un primo contatto carico di emozione e di sentimento, pieno di calore, luce e gioia.
Non per tutte le mamme questo momento è identico, alcune volte questo viene vissuto con un carico notevole di ansia e stanchezza. Secondo alcuni autori i bambini insicuri ed instabili sono il frutto di un rifiuto inconscio della madre nei confronti del bimbo che è appena venuto alla luce. L'istinto di attaccamento rappresenta il particolare legame di affiliazione che unisce il piccolo alla madre e al figlio. Esso è mediato da cinque reazioni istintive:
- la suzione
- il sorriso
- l'aggrappamento
- il pianto
- la capacità di seguire lo sguardo.
Tutte queste reazioni determinano nel loro insieme quello che è l'intensa relazione che si instaura tra il neonato e mamma e anche il papà. Spesso accade che la madre, dopo il parto, si senta stanca e distrutta e ciò può compromettere, come già detto, il bisogno del bimbo, fin da subito, di instaurare un forte legame con lei e soddisfare il bisogno del contatto e della ricerca del cibo dal seno della madre.
Il neonato, sostanzialmente, necessita di due elementi basilari:
- una struttura che lo protegga e che possa fungere da contenitore delle sue emozioni
- un "oggetto" su sui concentrare l'attenzione e per "oggetto" non si intende una "cosa" concreta bensì una "parte" concreta e psicologica importante per il neonato... che si identifica spessissimo con il seno materno.
Per questi motivi è importante che la madre cerchi di soddisfare i bisogni comportamentali, affettivi e motori del neonato.
"Una cosa è certa: il neonato non ha coscienza di se stesso e come un "io". Egli non separa il "me" dal mondo e proprio questa separazione è il perno della vita successiva. La consapevolezza e la coscienza di sé non sono la stessa cosa, né per il bambino né per l'adulto. Il bambino, sebbene presumibilmente cosciente, manca in modo assoluto della coscienza di sé. L'adulto invece è sia consapevole, sia cosciente".

martedì 8 febbraio 2011

Bib'Expresso: il modo più veloce di preparare il biberon by Beaba


Preparare un biberon in pochi secondi, con una sola mano ed essere sicuri della temperatura del biberon, è ormai possibile grazie alla ricerca, alla passione e alla qualità di cui Beaba è ormai sinonimo.
Bib'Expresso offre un modo nuovo di preparare il biberon del vostro bebè:
  • Più rapido: un biberon pronto in 30 secondi.
  • Più sicuro: il biberon è sempre alla giusta temperatura grazie ad un controllo diretto dell'acqua.
  • Più pratico: il flusso dell'acqua ha un effetto "mescolatore di polveri" e permette una omogeneità perfetta del latte, nonchè una temperatura uguale in tutto il biberon.
  • Più facile: semplice da usare, una sola mano è sufficiente per preparare il biberon.
Per garantire una perfetta igiene, Bib'expresso è dotato di un sistema autopulente a vapore che pulisce l'apparecchio in profondità.
In questo video, Massiliano Crescioli dell'Azur, spiega ad un gruppo di mamme, duranto lo Showroom dell'Azur, le caratteristiche uniche di Bib'Expresso di Beaba:
http://www.youtube.com/watch?v=eXxIkqwj45k


Cliccando su questo link http://www.youtube.com/watch?v=KoRGNn_ufPU è possibile accedere al canale Beaba su You Tube e vedere una serie di diapositive che presentano le eccezzionali caratteristiche del Bib'Expresso.


www.azurline.eu


lunedì 31 gennaio 2011

Lavare i tessuti Bébécar

I tessuti dei TRIX Bébécar sono sfoderabili elavabili: non preoccupatevi quindi se il vostro bebè ha sporcato la carrozzina, se il vostro cane, con le zampe sporche, ha segnato il vostro seggiolino auto e se il vostro bambino ha insudiciato il passeggino! E' possibile lavare i tessuti preservando la loro lucentezza e il colore.


E' sufficiente osservare alcune brevi precauzioni che potete legegre nelle istruzioni di lavaggio al link http://www.flickr.com/photos/azurline/sets/72157625820260593/with/5403725571/


Non lavare in lavatrice ma a mano.
Non usare detergenti o prodotti troppo aggressivi.
Lasciare asciugare all'aria.
Non lasciare il tessuto esposto al sole o a fonti di calore intenso.
Tutti i tessuti sono impermeabili a piccole quantità di acqua.
Utilizzare il parapioggia Bébécar in caso di pioggia di forte intensità.



www.bebecar.it

TRIX Bébécar Blu Griffe by Azur



Il Trix Blu Griffe appartiene alla categoria dei prodotti griffati di Bébécar e si caratterizza per la fine lavorazione del tessuto 100% Made in Italy. Il tessuto griffato è stato pensato da Bébécar per rendere ancora più elegante il Trix con il logo dell'azienda portoghese che viene in risalto grazie al particolare intreccio di trama e ordinto.


Il tessuto Blu Griffe è uno dei prodotti più venduti da Bébécar Italia e si abbina alla perfezione con i telai cormati con inserti blu scuso: un abbinamento esclusivo ed elegante nella più piena tradizione italiana.


www.bebecar.it

sabato 29 gennaio 2011

Babycook by Beaba distribuito da Azur

Beaba distribuito da Azur.






Babycook by Beaba è un robot per cottura a vapore e frullatore, dotato di ben 4 funzioni: cuoce a vapore, frulla, scongela, riscalda, si pulisce facilmente. L'esclusivo sistema di cottura permette di preservare le proprietà più importanti delle vitamine contentute nei cibi.


Con Babycook viene allegato un libretto di ricette e menù per i pasti dei bebé dai 6 ai 24 mesi.
Grande capienza: 600 ml. Inclusi nella confezione c'è la spatola per estrarre il cestello e per raschiare il fondo del contenitore.


Babycook assicura una migliore cottura, veloce (meno di 15 minuti) grazie al suo esclusivo sistema brevettato.


Babycook è dotato di sistema avvolgicavo.

venerdì 28 gennaio 2011

TRIX Bébécar Portofino Elegance by Azur


Il Trix Bébécar è un simbolo di eleganza e raffinatezza. I telai sono dotati di manici ripiegabili, di un ampio e accessibile cestello, di ruote con confortevoli sospensioni e facilmente rimovibili per diminuire l'ingombro nel bagagliao dell'auto.
Costruisci il tuo passeggino TRIX scegliendo il colore del telaio e i colori dei tessuti nella vasta gamma offerta da Bébécar. All'interno della linea COLORE dei tessuti Bébécar il più venduto e richiesto è senza dubbio il PORTOFINO ELEGANCE che racchiude in sè tutta l'eleganza della tradizione italiana nel mondo dei passeggini e carrozzine. L'inserto bianco regala un tocco di novità e rinnovo stilistico che si sposa perfettamente con i telai Bébécar cromati/blu.
Scopri i dettagli del Portofino elegance su www.bebecar.it

giovedì 27 gennaio 2011

Azur e l'Economia di Comunione



Azur da anni è elemento portante del progetto chiamato “Economia di Comunione” condiviso da circa 750 aziende in tutto il mondo. Queste si impegnano liberamente a mettere in comunione i profitti secondo diversi scopi tra cui quello di aiutare le persone svantaggiate, creando nuovi posti di lavoro e sovvenendo ai bisogni di prima necessità (www.edconline.org).
Emerge insomma un modello alternativo di sviluppo economico che si pone come superamento dell’attività incentrata esclusivamente attorno al profitto.
AZUR opera in modo che alla base del lavoro ci sia qualità nei rapporti tra tutti, motivazione, rispetto e stima reciproca. In AZUR crediamo profondamente che nel mondo si possano rendere sempre più visibili valori fondanti della nostrasocietà come la fraternità e la solidarietà.


La responsabilità sociale di Azur


Azur, da sempre, ha posto alle radici del suo agire ciò che lo slogan aziendale comunica in modo efficace “C’è chi fa le cose per Amore”. Questa filosofia ha ispirato ed alimenta tutt’ora lo spirito creativo, imprenditoriale, manageriale di Azur che si traduce in modalità di lavoro e in prodotti costruiti secondo i massimi criteri di qualità.
Da questa visione nasce l’esigenza, in tempi di crisi economica internazionale e di grande fermento, di soffermarsi e riflettere su ciò che si sta facendo.
Costruire un presente e un futuro sostenibile è di fondamentale importanza e ciò crediamo si declini in vari modi: come per esempio in una catena di approvvigionamento green, in eco-prodotti, eco-etichette, innovazione sostenibile, investimenti socialmente responsabili, eco-efficienza. In Azur vogliamo svilupparci in modo sostenibile e non trascuriamo il problema della povertà energetica, del divario nella destinazione delle risorse e la forte crescita di una domanda verde di massa (la cosiddetta “green economy”).
Azur si impegna alla salvaguardia dell’ambiente. I passi e gli investimenti da fare non sono di facile attuazione, in particolare in questo momento di crisi economica, ma crediamo di dover salvaguardare l’ambiente per il bene delle future generazioni. Per produrre culle, lettini, armadi, ecc. si ha bisogno di materie prime pregiate ed è per questo che in Azur poniamo grande attenzione al fatto che il legno venga reperito in zone nelle quali le foreste ed i boschi non vengano devastati ed i luoghi naturali deturpati. Nella fase di lavorazione dei prodotti le scelte sono un riflesso del desiderio di evitare l’inquinamento dell’atmosfera e l’impatto ambientale della produzione: la riutilizzazione del legno avanzato, il recupero della vernice, il risparmio energetico, sono solo alcuni degli accorgimenti che adottiamo per ridurre il carico sull’ambiente che si desidera salvaguardare per le future generazioni. Azur è convenzionata al Consorzio Pannello Ecologico e utilizza pannelli realizzati al 100% con legno post-consumo.
Inoltre crediamo sia importante recuperare, all’interno della sfera economica, una dimensione di “sviluppo umano integrale”. In un contesto che da molti viene definito come l’era della “globalizzazione che ci rende vicini, ma non fratelli”, in Azur sentiamo oggi sempre più forte l’esigenza di una valorizzazione della nostra responsabilità sociale d’impresa che possa far leva non semplicemente su considerazioni di natura strategica (volte a introdurla soltanto se consente di migliorare il profitto), ma anche su considerazioni di natura etica. Siamo sicuri che il lavoro e di conseguenza, il datore di lavoro, deve concorrere allo sviluppo umano integrale dei collaboratori dell’azienda e questo, come altri obiettivi, possono essere raggiunti solamente applicando principi di sussidiarietà. Soltanto il fondarsi o il non fondarsi sull’etica è un criterio valido in azienda per distinguere tra sviluppo umano e sviluppo non umano del business.
www.azurline.eu

giovedì 13 gennaio 2011

La fata turchina: educare per perdonare!


Spunti e appunti post campo dei miracoli... per perdonare!
Chiara Godina, educatrice, ci ha "regalato" in questo breve post degli spunti e dei suggerimenti sul tema del perdono e, come dice il titolo stesso, dell'educare per perdonare...
"Un piccolo gattino geloso della sua “sorellastra” gabbianella. Un attimo di rabbia, una gelosia celata… ed il danno è fatto.
Un bambino con una sorellina diversamente abile. Un momento di libertà… una grande perdita.
Un papà, un marito, un figlio. La sofferenza nascosta, il male sconosciuto, l’incapacità di amare.

Tre storie, tanti modi di dire “perdono” (Non dal verbo “perdonare”, ma da “per – donare”, “per fare un dono” a qualcuno, ad un figlio, ad un amico, ad un fratello, ad una sorella, al coniuge). Per-donare vuol dire allora trovare il modo di donare sempre qualcosa a chi ci è accanto, a chi chiede il nostro amore, la nostra attenzione, il nostro tempo. Se riusciamo nell’intento allora il nostro “per-donare” si tramuterà inevitabilmente nella possibilità di educare. Ma Per-donare non è un’impresa semplice. Ci sono spesso molti “ma” e “però” che ritornano, che non permettono di per-donare veramente. Il ricordo della sofferenza o di qualcosa che in un modo o nell’altro ci ha fatto male, non ci è piaciuto, è difficile da eliminare.
Il genitore per educare il figlio all’amore deve comprendere l’importanza che il per-donare ha, sempre, nelle piccole “questioni” quotidiane, così come in quelle più grandi. La coerenza educativa fa perno proprio sulla capacità del genitore di perdonare il proprio figlio («oggi non vai in palestra perché la maestra mi ha detto che ti ha dovuto sgridare perché non avevi voglia di mangiare la pasta rossa che di solito ti piace tanto…» potrebbe essere sostituito con «La maestra mi ha detto cosa è successo oggi. Hai capito perché si è arrabbiata? Bene… allora adesso andiamo in palestra e quando avrai finito la partita sarai così affamato che scommetto mangerai due piatti di pasta rossa!!»).
La stessa vicenda può essere osservata da diverse angolazioni ed in questo modo si ha la possibilità di comprendere i diversi punti di vista dei soggetti coinvolti. Il gattino non riesce a perdonare che i grandi possano voler bene anche a qualcuno diverso da lui. I grandi non riconoscono e quindi non perdonano una legittima richiesta di attenzione.
Il bambino non riesce a perdonarsi la colpa di avere una sorella gemella così. I genitori sono ciechi di fronte alla sofferenza del figlio, che deve essere perfetto e non deve avere bisogno di alcun perdono… almeno lui non deve mai sbagliare.
L’uomo non riesce a perdonare il fatto che una malattia ha impedito a sua madre di esserlo veramente. Il timore di guardare in faccia la realtà ha impedito a tutti di perdonare la sofferenza che ogni malattia porta con sé, non sul malato, ma sulle persone che gli stanno accanto."
Grazie Chiara per questo interessante spunto di riflessione.

lunedì 10 gennaio 2011

Le 10 A per educare

La declinazione di educare in termini pedagogici
Come già molti esperti del settore stanno sottolineando da anni stiamo vivendo in una società che è capace di spettacolarizzare, quasi in maniera eccessiva, qualsiasi avvenimento che ci circonda, facendocelo vivere e sperimentare, attraverso la televisione, come un evento da vedere. Tale processo mediatico distoglie la nostra attenzione su noi stessi facendo sì di non riuscire più a focalizzare l'attenzione sul nostro io, su ciò che ci succede dentro, ma su ciò che accade al di fuori.
E' quindi quanto mai necessario un ritorno al nostro io per combattere l'alienazione che ci circonda e che porta a una depressione e depersonalizzazione di massa. Solamente nella misura in cui riusciremo a riappropriarci del nostro io saremo in grado di riscoprire la dimensione dell'altro, del tu che ci sta accanto, quindi anche dei nostri figli.
Di seguito un'interessante spunto che può aiutare a chiarire e tradurre in gesti concreti la parola Educare, in 10 semplici declinazioni...
Le 10 A dell'EDUCARE:
1 - ASCOLTARE: mettersi nei panni dell'altro
2 - ACCOGLIERE: fare spazio
3 - AVVICINARSI: avere la presenza giusta
4 - ATTENDERE: saper pazientare
5 - AGGREGARE: creare occasioni per mettere insieme
6 - AMMIRARE: stupirsi di fronte a loro
7 - AMMONIRE: riprendere con fiducia e determinazione
8 - ACCOMPAGNARE: essere compagni di viaggio
9 - ACCOSTARSI: avere la giusta vicinanza
10 - AMARE: essere sempre pronti a dare la vita
(le 10 A dell'educare sono tratte dal libro "Genitori si può fare" di Ezio Aceti - edizioni San Paolo)